— Questo testo è apparso in originale come nono invio della newsletter Apofenia —
Buongiorno da Roma, una città che si chiede ardentemente se riuscirò mai a scrivere un'edizione della newsletter senza refusi. Considerando che questa la sto scrivendo con lo smartphone, io non punterei su di me a questo giro.
Oggi invio eccezionale di lunedì. Inauguriamo il calendario estivo con gli invii alla quandocapita.
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A novembre, come ogni anno, ci sarà il NaNoWriMo, la sfida con se stessi in cui si prova a scrivere un romanzo dal primo al trenta del mese. Manca un rappresentante per l'Italia, qualcuno che organizzi sedute di scrittura collettiva, sproni le persone a scrivere ogni giorno e le aiuti ad arrivare in fondo.
Resisterò alla tentazione di caricarmi pure questa croce sulle spalle? Solo il tempo ce lo dirà.
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Parlando con alcuni amici è venuta fuori la procedura di lavaggio del purificatoio (o purificatorio). Il purificatoio è il panno usato per pulire il calice in cui il sacerdote durante la messa opera la transustanziazione dell’acqua nel sangue di Cristo. Ovviamente, questo panno non è che poi lo butti in lavatrice con le mutande e i calzini, ciclo delicati, acqua fredda, dato che è intriso del sangue di Gesù! Si dovrebbe lavare con cura e poi, attenzione, l’acqua non la butti nella vasca da bagno o nel gabinetto, ma la devi usare per annaffiare una pianta, qualcosa di vivo (d’altra parte, non è che gli antichi auguri, dopo aver vaticinato, le viscere degli animali le davano al gatto).
Ora, io questa la trovo una cosa bellissima per un sacco di ragioni, che vanno al di là del credo in una qualsiasi religione o in questa specifica.
Una ragione è l’attenzione al dettaglio. Rituale non è solo la parte pubblica della celebrazione, ma anche quello che avviene dietro le quinte. A voler parlare in termini moderni, c’è un magnifico design del processo. Lo slogan di molte aziende, soprattutto quelle giovani e digitali, contiene spesso la parola “ossessione”. Siamo ossessionati dal servizio al cliente, dalla qualità, dall’eleganza fino all’ultimo pixel. Ossessione è una parola che fa paura, ma è adeguata: secondo me, per quanto possa anche essere poco salutare, in una grande passione come quella per l’arte o per il lavoro della tua vita ci deve essere un po’ di ossessione. Ma l’ossessione deve essere completa, deve essere visibile sia nella parte rivolta all’esterno dell’attività che in quella rivolta all’interno. Quella parte di attività che non vede nessuno, ma che tu non puoi accettare di svolgere in maniera meno che perfetta e coerente con i tuoi scopi, i tuoi obiettivi, i tuoi valori.
Un’altra ragione ha a che fare con il valore che attribuiamo agli oggetti. E questo, ovviamente, è un discorso che si innesta sui temi a me tanto cari della memoria e della nostalgia. Il purificatoio non è un semplice canovaccio a causa dell’uso a cui è deputato e non lo è a maggior ragione dopo che è stato utilizzato. Assume importanza. Come assume importanza un’orrida palla di vetro con la neve, che è un mero oggetto finché è esposta sullo scaffale di un negozio di souvenir, ma diventa un ricordo importante quando la appoggiamo (la appoggi, io non ho palle con la neve e mai ne avrò) su una mensola a casa al ritorno dal viaggio. Come assume importanza un libro, che smette di essere una delle tante copie esistenti e diventa “il mio libro”, quello che ho comprato in una data occasione, quello che mi è stato regalato da una data persona. Incidentalmente, questo è uno dei pochi casi in cui un ebook non può sostituirsi a un libro cartaceo. Non perché il libro di carta sia “più” libro ma perché è un oggetto fisico, qualcosa che si può guardare.
Parlando di libri, non so se ti è mai capitato, a me sì: dare importanza a un certo libro per i motivi che ti ho appena detto e poi un giorno scoprire che quello conservato in un posto speciale della libreria non è l’oggetto che mi era stato regalato, ma un’altra copia. Che mi è stata regalata da un’altra persona dopo che gli avevo prestato quel libro speciale e lui se lo era perso. Ovviamente io mi ero dimenticato tutto e continuavo ad associare dei valori e dei ricordi a un oggetto qualsiasi e non all’oggetto specifico, con una dedica specifica, che mi era stato regalato.
Nota incidentale: i libri non si prestano mai, si regalano.
Chiunque passi per casa mia a un certo punto capita davanti alla Vetrinetta e lì si ferma. La Vetrinetta è una vetrina Ikea con dentro modellini di Gundam, parecchi gashapon, micromachines e modelli LEGO di Guerre Stellari, la bellissima statuetta di Sandman ispirata al Morfeo disegnato da P. Graig Russel in Arabian Nights e altro ancora. Quasi tutta la mia oggettistica nerd è lì dentro e ovviamente la Vetrinetta blocca tutti gli amici di animo affine e ne riscuote l’ammirazione e l’approvazione.
Il fatto che quasi tutta la mia oggettistica nerd entri in una vetrinetta di Ikea significa, se ci pensi, che non ne ho poi così tanta. Questo per due motivi: da giovane avevo interesse a possedere gadget, modellini, toys (nel giro si usa il termine inglese perché chiamarli giocattoli è infantile. Ma sono giocattoli, pure se sono oggetti di alta qualità), ma non avevo i soldi. Ora che qualche solo per togliermi qualche soddisfazione ce l’ho, do meno valore agli oggetti. Ma soprattutto, non ho interesse a formare memorie e incardinarle in un oggetto che mi ricordi un dato evento, una certa occasione, la passione per una certa serie di cartoni animati. Per ricordarmi le cose ho la mia memoria. E sì, certe cose me le dimentico, certe le ricordo male. Ma mi va bene così. E’ il motivo per cui ogni volta che mi capita sotto gli occhi uno dei modellini extralusso dell’Arcadia di Capitan Harlock o della Yamato di Battleship Yamato ci lascio sopra un litro di bava, ma poi non me le compro. E appena giro l’angolo mi dimentico che esistono, ma non mi dimentico delle due serie e di quanto mi piaceva guardarle e delle persone con cui le guardavo. Parte del mio cuore viaggerà sempre nello spazio sull’Arcadia con Harlock, anche se io non possiederò mai un giocattolo o un modellino dell’astronave.
Mentre scrivo mi torna in mente che in effetti per un Natale i miei genitori me lo regalarono il giocattolo dell’Arcadia. Chissà che fine ha fatto. Ma a maggior ragione: perso il giocattolo, la passione e il ricordo sono rimasti!
Il romanzo che ho scritto quando ho partecipato al NaNoWriMo parlava proprio di memorie e oggetti. Un giorno ti racconterò quella storia.
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E' estate, uno dei periodi migliori per formare nuovi bei ricordi.\ AN\ Roma\ 2015