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Discussione estremamente interessante quella organizzata e moderata da Alessio Jacona alla Social Media Week di Roma.

Il tema: le relazioni interne ed esterne all'azienda e come si trasformano con l'ingresso degli strumenti sociali nell'impresa. Quale apporto danno gli impiegati 2.0.

Josh Bernoff - Foto scattata con Kodak
PlayTouch\ Josh Bernoff

La riflessione partiva dalla definizione di “empowered employee” data dall'analista Josh Bernoff nel suo ultimo libro, ovvero quegli impiegati “creativi che si rivelano capaci di usare con disinvoltura le tecnologie online per servire al meglio i "nuovi clienti 2.0" e aspettano solo di essere scoperti e valorizzati.”

L'incontro si è aperto proprio con un'intervista a Bernoff che mi ha creato un po' di ansia. L'analista, sia per la sua visione incentrata sul mercato USA, sia per l'esigenza di promuovere le tesi del suo libro, ha tracciato un quadro francamente troppo roseo per il mercato che conosciamo noi.

Epifani, Boccia Artieri, Sartoni - Foto scattata con Kodak
PlayTouch\ Epifani, Boccia Artieri, Sartoni

Fortunatamente gli altri speaker hanno riportato la discussione con i piedi per terra, ancorandola a quella che è la nostra realtà aziendale.

Giovanni Boccia Artieri, Stefano Epifani, Matteo Menin, Luca Sartoni, Marco Stancati hanno proposto stimoli e riflessioni critiche e interessanti alla figura e alla gestione dell'empowered employee.

Epifani, Boccia Artieri,
Sartoni\ Menin, Stancati, Epifani

Una rapida sintesi.

  • l'impiegato HERO spesso è più un problema che una risorsa per l'azienda. Nella migliore delle ipotesi apre una discussione interna che deve essere gestita, nella peggiore con la sua comunicazione verso l'esterno può creare danni all'azienda.
  • L'azienda deve però coltivare e incentivare i talenti, trasformandoli da dipendenti (che per definizione non hanno autonomia e iniziativa) a risorse umane e meglio ancora umani con risorse, per interagire meglio all'interno dell'azienda stessa e verso l'esterno, coi clienti 2.0.
  • Ma prima ancora di far questo, l'azienda deve essere “bella dentro”, avere una buona gestione del personale, creare un buon ambiente di lavoro, essere realmente 2.0 al suo interno. Altrimenti non potranno uscire dall'interno impulsi positivi genuini.
  • Per quanto riguarda i consulenti che propongono l'adozione di strumenti sociali all'interno dell'azienda, devono avere l'onestà di riconoscere che questi strumenti servono a portare a compimento discorsi iniziati più di 30 anni fa sul coinvolgimento del dipendente nella comunicazione aziendale e nell'ottimizzazione dei processi interni. I consulenti devono quindi smettere di vendere la stessa roba con nomi diversi e attivarsi per creare un cambiamento interno alle aziende. Formare e poi andarsene.
  • In ogni caso, poiché si tratta sempre di aziende che hanno sempre lo scopo di gestire le risorse per fare business, non si può tanto parlare di passaggio dalle relazioni istituzionali alle relazioni distribuite, quanto dell'organizzazione e integrazione nei processi aziendali delle relazioni distribuite, secondo quanto deciso dalle relazioni istituzionali. Ovvero, che la spinta ad adottare strumenti sociali parta dal basso, da impiegati pieni di iniziativa che portano in azienda gli strumenti che utilizzano fuori, o parta dall'alto, da un management che vuole attivare nuove dinamiche di lavoro, in ogni caso il modo di fare azienda 2.0 sarà organizzato e gestito secondo i normali rapporti gerarchici e le normali procedure aziendali. Non si tratta quindi (ancora) di un nuovo modo di fare azienda, ma di azienda che gestisce nuovi strumenti secondo le sue procedure usuali.