Homeworking.

Penso che prima di spiegare come vivo il lavorare da casa, sarebbe corretto spiegare perché lavoro da casa. Siccome è una conseguenza dell’aver scelto la vita da freelance, dovrei prima spiegare perché sono un freelance. E questo porterebbe via tempo e mi porterebbe a parlare anche di pirati, cow boy e astronavi e poi a dire qualcosa per recuperare credibilità e sembrare un professionista e non uno che si sta semplicemente divertendo, poi dovrei dire che in effetti sì, ci si può divertire ed essere professionisti allo stesso tempo e facciamo notte. Quindi, credo sia meglio saltare le premesse e andare direttamente a parlare della mia esperienza come homeworker.

Però, questo va tenuto presente: che è una mia scelta. Come ogni cosa, il lavorare da casa ha i suoi pro e i suoi contro, che ognuno valuta a modo proprio. Io lo valuto in una certa maniera anche perché è una mia scelta. Aggiungo che quando ho iniziato a lavorare come freelance e lavorare da casa ero single. Ora non lo sono più, ma ancora non ho figli. Sono considerazioni importanti.

I vantaggi del lavorare da casa come freelance sono facili da immaginare. Decido io orari e dress code, il posto di lavoro è a 17 passi dal letto (li ho contati per scrivere questo articolo. Prima erano di meno, ora c’è un tavolo in mezzo), niente spostamenti con mezzi propri o pubblici con conseguenti risparmi, non mangio fuori casa e anche qui c’è un bel risparmio, posso organizzare la mia postazione di lavoro come mi pare. Non devo sopportare colleghi che: ascoltano la stessa canzone di Gigi D’Alessio a ripetizione (in cuffia, sì, ma a tutto volume); sospirano che la giornata è stata dura, ma per fortuna stasera ci sono I Cesaroni in TV; cercano di coinvolgermi in discussioni su gnocca-intercambiabile del Grande Fratello; iniziano a lamentarsi della settimana di lavoro alle 9.35 di lunedì mattina; passano la giornata a parlare dei fatti propri ad alta voce al telefono eccetera eccetera (tutti casi reali, anche se non tutti capitati a me).

Io sono un freelance che lavora da casa. Ma ci possono essere anche dipendenti che lavorano da casa. A parte gli orari, tutto il resto è uguale. Ci sono anche creature leggendarie: freelance che lavorano in ufficio. Non nell’ufficio di un cliente, ma proprio in un ufficio loro. Io ho scelto di non essere leggendario da questo punto di vista, ma ci ho pensato e ci penso ancora.

L’aspetto strano del lavorare in casa, da solo, sono le altre persone. A parte mia madre: ho fatto una certa fatica a farle capire che tra “dipendente in ufficio” e “disoccupato” ci sono tutta una serie di posizioni e che “freelance homeworker” è una di queste. Ma le mamme sono lì per preoccuparsi per i loro figli.

Le prime persone sono i colleghi. Ma non hai colleghi se lavori da casa!, direte voi. Aha, infatti! E’ vero che non ci sono colleghi da sopportare. Ma neppure colleghi con cui fare quattro chiacchiere per spezzare la giornata, o a cui chiedere un parere su un pezzo che ho appena scritto, se un’idea ha senso, se ci sono refusi (ci sono sempre refusi). E’ vero che ci sono i social network, ma non è la stessa cosa. E’ un rapporto più mediato, che a volte costringe a scrivere più di quanto vorrei per dare contesto a una frase, un’idea, una battuta, o subire le conseguenze della mancanza di contesto. E poi la voce è importante, lasciatelo dire a uno che scrive.

Poi ci sono i clienti e gli occasionali collaboratori. All'inizio era più semplice, potevo gestire tutto tramite telefono, Skype, e-mail e a loro poco importava se stavo lavorando da un’amaca nel giardino di una villetta a Perth, o in un internet point a Lisbona (consiglio il Web Café al 126 di Rua do Diario de Noticias: carino, tranquillo, aperto tutto il giorno e con clientela giovane e da tutta Europa che si ferma volentieri anche per un aperitivo e quattro chiacchiere). Ora i progetti sono più grandi e le cose sono diverse. L’incontro faccia a faccia è importante, una riunione può essere (non sempre) più produttiva di cento e-mail. Forse è anche una questione di mentalità arretrata, non ancora abituata alle possibilità del telelavoro, ma quando dico a un nuovo cliente “incontriamoci” mi rendo conto che il suo tono di voce cambia e mi prende più sul serio, apprezza il fatto che ci metta, letteralmente, la faccia. Un indirizzo fisico, una sede, fa acquistare punti, dà un’impressione di serietà, di struttura alle spalle e quindi di capacità. Per questo mi è capitato di riflettere sull’opportunità o meno di avere un ufficio che non fosse casa mia. Per poter ricevere i clienti. A dirla tutta, il pensiero dell'ufficio e quello dell'amaca a Perth stanno ancora discutendo tra loro, da qualche parte nei recessi del mio cervello.

Infine c’è la mia ragazza. Che capisce benissimo che lavoro faccio e come lo faccio, per cui quando gira per casa, o legge, o fa qualsiasi cosa, la fa con tutta la (tanta) delicatezza di cui è capace per non distrarmi e non mi disturba se non è veramente necessario. E però è strano avere questa presenza con cui vorresti parlare e accoccolarti e scherzare e doverla ignorare. Questo pezzo importante di vita privata che si aggira in quello che, negli orari rigorosi che cerco di darmi, è un posto di lavoro. A volte mi sento in colpa, senza neppure una ragione precisa, come la stessi trascurando. E in effetti la sto trascurando, anzi, la sto proprio ignorando, come ignoro tutte le altre distrazioni che offre la mia casa (se guardo alla mia sinistra vedo la batteria di Guitar Hero World Tour appoggiata alla libreria e un paio di libri ancora da leggere su uno scaffale. Meglio chiudere questa parentesi prima che mi distragga). E insomma, è brutto ignorare deliberatamente e con impegno la propria ragazza. E’ facile farlo trovandosi in un ufficio a chilometri di distanza. E’ naturale: sei in ufficio, sei al lavoro, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Ma quando io sono qui e lei è lì e tra qui e lì non ci sono più di due metri, le cose cambiano.

Homeworking non significa solo lavorare in casa. Significa anche che il tuo lavoro è dentro casa, annidato nelle viscere del computer, appostato dentro i raccoglitori. Spengo tutto, stacco tutto, mi butto sul divano. Ma i monitor e il computer sono bene in vista. Non una presenza ossessiva o ingombrante (beh, i monitor da 17 e 24 pollici un po’ sì). Ma una presenza.

Allora, lo confesso: io sono pigro. Ci ho provato a realizzare la postazione da lavoro Ikea, tutta pulita e sgombra e senza cavi. Computer portatile, telefono senza fili, mouse. A fine giornata via tutto, la mattina tutto di nuovo fuori. Per una settimana. Poi ho iniziato a lasciare tutto lì, tanto una controllatina alla posta e ai forum e ora ai social network prima di dormire ci sta, no? E magari un’ultima chattata con un amico insonne. E poi la stampante e poi mi hanno regalato delle casse e i cavi sono aumentati e metti e togli, metti e togli questa giungla di cavi tutte le mattine e tutte le sere è stancante. E quindi, postazione di lavoro fissa. E se proprio devo ingombrare, ingombro per bene. Quindi computer fisso, due monitor, tastiera. E poi faldoni e raccoglitori e i blocchi per gli appunti e penne, penne, penne. Insomma, un grosso, non grossissimo, ma grosso, angolo di salotto è diventato il mio ufficio. Voi dormireste nel vostro ufficio? Ci passereste quasi ogni ora del giorno, escluse quelle del sonno e dei pasti? A volte è un po’ asfissiante. Ho una cantina ampia e luminosa, risparmio per farne un ufficio. Quindi prima o poi riuscirò a separare fisicamente gli ambienti di lavoro e di vita, continuando a lavorare da casa. Magari per chi non ha questa possibilità la postazione di lavoro in salotto / cucina / camera da letto è una presenza fastidiosa e inevitabile. Poi magari c’è chi non ha la giungla di cavi con cui combattere e riesce veramente a far sparire tutto la sera.

Ci sono anche altri aspetti pratici da considerare nel lavorare da casa. Posso considerare le bollette come costi dell’attività? Il canone RAI? Ho diritto a qualche forma di incentivo, assistenza, tutela? Che succede se mi faccio male? Non sempre questi aspetti sono chiari. Io ho deciso di delegare tutto a commercialisti e consulenti, non ho tempo di pensare anche a questo. Ma un’informazione precisa non sarebbe male.

C’è la signora anziana che abita davanti a me che deve essere una cuoca di gran livello: ogni giorno verso l’ora dei pasti esce dalle sue finestre per entrare nelle mie un profumino di cucinato spettacolare. Questo non so se catalogarlo tra gli aspetti positivi o negativi del lavorare da casa, sicuramente è tra le esperienze e sicuramente me ne vado a cucinare pure io.