Però, 290 settimane da freelance...

Siccome non amo rendermi la vita facile, quando ho deciso di diventare un freelance ho anche voluto provare a vivere da nomade digitale, lavorando ovunque ci fosse un collegamento a Internet. La prima tappa del mio viaggio è stata l'Australia. Siccome sono italiano dentro, però, non ho resistito al richiamo della famiglia: sono tornato a Roma per essere presente al momento della nascita della mia nipote numero 2.

Caso ha voluto che pochi giorni dopo il mio rientro mi arrivasse dall'ENEL un invito a un colloquio. Era irresistibile: l'ENEL all'epoca sfornava i migliori esempi di comunicazione aziendale interna ed esterna e anche se ero deciso a intraprendere la carriera da freelance, che fai, dici di no alla possibilità di lavorare in quell'ambiente? Così, per la prima volta dopo mesi, mi misi giacca e cravatta e andai al colloquio. L'impatto fu pessimo: venivo dagli spazi e dai cieli aperti australiani, il palazzone ENEL grigio e popolato da dipendenti ancora più grigi mi causò un senso di disagio, quasi di claustrofobia. Mentre raggiungevo la stanza del colloquio capii che quella non era la mia strada. Non potevo lavorare lì o altrove. Come potete immaginare, il colloquio andò molto male.

Era il classico colloquio aziendale, sapevo a memoria domande e risposte e per un po' recitai la mia parte. Ma a un certo punto non ce la feci più, mi misi comodo sulla sedia e iniziai rispondere ciò che pensavo. Alla fine arrivò la classica domanda "Dove si vede lei tra cinque anni?" Il mio primo impulso fu di rispondere "Svaccato su una spiaggia australiana." Ma sarebbe stato eccessivo: ci sono vie di mezzo tra non voler prendere un lavoro e voler essere cacciato a calci. Quindi risposi la seconda cosa che mi venne in mente, che era anche la verità: "A capo della mia agenzia di comunicazioni digitali."

Era vero perché, anche se avevo appena iniziato la mia avventura da freelance, sapevo che l’obiettivo era l’apertura di un’agenzia.

Perché un’agenzia? Perché come freelance solitario sapevo che sarei andato poco lontano. Arrivati a un certo punto bisogna presentarsi da clienti di un certo livello con una struttura alle spalle. Certo, ci sono anche freelance di lusso, come Luisa Carrada (che anche se non lo sa è la mia maestra e artefice della mia carriera), ma a me piace l’atmosfera creativa e collaborativa che si respira in un’agenzia. Perché la mia agenzia? Perché non sono capace di seguire gli ordini.

Credo che questa sia una lezione importante per tutti quelli che decidono di lanciarsi nella carriera da libero professionista: sapere dove vogliono arrivare. Poi tra l’inizio e la fine c’è in mezzo la vita, i progetti devono cambiare ed evolversi. Dicono bene Tom Peters e Reid Hoffman: anche se non fai l’imprenditore, devi avere una mentalità imprenditoriale e l’imprenditore è uno che sa adattarsi, rilanciarsi, rimettersi in gioco. Ma avere un progetto, un obiettivo aiuta.

Comunque. Quel colloquio all’ENEL è avvenuto cinque anni fa, aprile 2007. Ora siamo nell’aprile 2012 e sono appena diventato il capo della mia agenzia di comunicazioni. Ta-dah!

Quindi da oggi non sono più un freelance. Continuerò a scrivere i miei pensieri in questo sito e lasciarlo come testimonianza di quanto avvenuto finora. Appena possibile, gli articoli più collegati al lavoro e le note settimanali le pubblicherò sul blog dell’agenzia. Per orientarvi nelle mie identità digitali guardate qui.

Buona fortuna, soprattutto a me!